La Teoria dell’attaccamento secondo John Bowlby
Il termine “attaccamento” può essere interpretato in tre diversi modi:
- comportamento di attaccamento;
- sistema comportamentale di attaccamento;
- legame d’affetto.
Il termine, in sé, ha un significato generale e rimanda alla condizione di “attaccamento relazionale” di un soggetto: il sostenere che un bambino “ha un attaccamento” vuol dire che egli avverte il bisogno di percepire la vicinanza e il contatto fisico con una persona di riferimento, soprattutto in particolari situazioni.
Uno degli aspetti più importanti della teoria è il riconoscimento della “componente biologica del legame di attaccamento“. Il comportamento di attaccamento ha infatti come funzione quella di garantire la vicinanza e la “protezione” della figura di attaccamento. Tali legami svolgono quindi una funzione fondamentale per la sopravvivenza dell’individuo.
Secondo Bowlby, l’attaccamento è un qualcosa che, non essendo influenzabile da situazioni momentanee, perdura nel tempo dopo essersi strutturato nei primi mesi di vita intorno ad un’unica figura; è molto probabile che tale legame si instauri con la madre, dato che è la prima ad occuparsi del bambino, ma, come Bowlby ritiene, non sussiste nessun dato che avalli l’idea che un padre non possa diventare figura di attaccamento nel caso in cui sia lui a dispensare le cure al bambino.
La qualità dell’esperienza definisce la sicurezza d’attaccamento in base alla sensibilità e disponibilità del caregiver (madre) e quindi la formazione di modelli operativi interni (MOI), che andranno a definire i comportamenti relazionali futuri. Con la crescita, l’attaccamento iniziale che si viene a formare tramite la relazione materna primaria o con un “caregiver di riferimento“, si modifica e si estende ad altre figure, sia interne che esterne alla famiglia, fino a ridursi notevolmente: nell’adolescenza e nella fase adulta il soggetto avrà infatti maturato la capacità di separarsi dal caregiver primario, e di legarsi a nuove figure di attaccamento.
Fasi dello sviluppo dell’attaccamento
Bowlby riteneva che l’attaccamento si sviluppasse attraverso alcune fasi, e che potesse essere di tipo “sicuro” o “insicuro”.
Un attaccamento di tipo sicuro si ha se il bambino sente di avere dalla figura di riferimento protezione, senso di sicurezza, affetto; in un attaccamento di tipo insicuro invece il bambino riversa sulla figura di riferimento comportamenti e sentimenti come instabilità, prudenza, eccessiva dipendenza, paura dell’abbandono.
Bowlby identifica quattro fasi attraverso le quali si sviluppa il legame di attaccamento:
- la prima va dalla nascita fino alle otto-dodici settimane: in questo periodo il bambino non è in grado di discriminare le persone che lo circondano anche se può riuscire a riconoscere, attraverso l’odore e la voce, la propria madre. Superate le dodici settimane il piccolo comincia a dare maggiori risposte agli stimoli sociali. In un secondo momento il bambino, pur mantenendo comportamenti generalmente cordiali con chi lo circonda, metterà in atto modi di fare sempre più selettivi, soprattutto con la figura materna;
- fra il sesto ed il settimo mese, il bambino diviene maggiormente discriminante nei confronti della persone con le quali entra in contatto;
- dal nono mese l’attaccamento con il caregiver si fa stabile e decisamente visibile: il bambino richiama l’attenzione della figura di riferimento, la saluta, la usa come base per esplorare l’ambiente, ricerca in lei protezione in particolare se si trova a cospetto di un estraneo;
- il comportamento di attaccamento è stabile e profondo fino a circa tre anni, età in cui il bambino acquisisce la capacità di mantenere tranquillità e sicurezza in un ambiente sconosciuto; deve però essere in compagnia di figure di riferimento secondarie, ed avere la certezza che il caregiver faccia presto ritorno.
L’importanza del legame di attaccamento
Per Bowlby è molto importante che il legame di attaccamento si sviluppi in maniera adeguata, poiché dipende da questo un buon sviluppo della persona: stati di angoscia e depressione, in cui un soggetto si può imbattere durante l’età adulta, possono essere ricondotti a periodi in cui la persona ha fatto esperienza di disperazione, angoscia e distacco durante l’infanzia.
Secondo Bowlby, il modello di attaccamento, sviluppatosi durante i primi anni di vita, è qualcosa che va a caratterizzare la relazione stessa con la figura di riferimento durante l’infanzia. Questo diviene successivamente un aspetto della personalità e un modello relazionale per i futuri rapporti. A dimostrazione di questo vi è il concetto di cicli di privazione, che Bowlby già sottolineò nel suo lavoro per l’OMS nel 1951; dalle ricerche fatte, si accorse che un soggetto, con un’infanzia segnata da situazioni familiari negative, una volta diventato genitore, avrebbe avuto nei confronti del figlio comportamenti inappropriati e trascuranti. Rilevanti sono le difficoltà di sviluppo per i bambini che vivono fin dalla tenera età in istituti, di quanti vengono separati dalla figura di riferimento e di coloro che hanno a fianco un caregiver incapace di provvedere convenientemente alla loro cura.
Con questo Bowlby non intende affatto delineare percorsi di vita prestabiliti per soggetti che fanno simili esperienze negative. La separazione dalla figura materna, evento traumatico per un bambino, è vissuto ed ha diverse ripercussioni sulla vita dell’individuo a seconda della durata e del periodo in cui si verifica la separazione, delle capacità di resilienza del soggetto e delle caratteristiche dell’ambiente. La separazione dalla figura di riferimento si snoda, secondo le ricerche di Bowlby, in tre momenti – la protesta, la disperazione ed il distacco – ma può risultare più facile viverla e superarla se vi sono alcune circostanze favorevoli come la presenza di un fratello, la presenza di un’altra persona che riesce a sostituire in maniera ottimale il caregiver oppure un ambiente accogliente.