Neurobiologia del trauma e della dissociazione
Le origini traumatiche dei disturbi dissociativi
Negli ultimi anni, diversi studi e statistiche hanno evidenziato la correlazione fra traumi e psicopatologie (Ney, Fung & Wickett, 1994; Koenen & Widom, 2009; Vachon, Krueger, Rogosch, & Cicchetti, 2015).
In particolar modo, si è evidenziata una stretta correlazione fra trauma infantile e dissociazione.
I pazienti affetti da disturbi dissociativi, infatti, presentano la percentuale più alta di esperienze traumatiche di tutte le categorie psichiatriche. (Sar & Ross, 2006)
Le manifestazioni sintomatologiche dei disturbi dissociativi possono essere varie e complesse, infatti il trauma ha un effetto profondo sulla neurobiologia dell’individuo. Inoltre le esperienze traumatiche cumulative possono rendere inefficaci i principali sistemi di regolazione fisiologica dello stress, impattando negativamente sul cervello in via di sviluppo.
Il report europeo per la prevenzione del maltrattamento infantile del 2013, stima circa 18 milioni di bambini vittime di abusi sessuali, 44 milioni vittime di abuso fisico e circa 55 milioni di abuso mentale.
Frank Corrigan, co-autore con Ulrich Lanius e Sandra Paulsen del libro Neurobiologia e trattamento della dissociazione traumatica (2014) partendo dalle conseguenze neurobiologiche del trauma sul cervello ha definito un nuovo modello di cura definito Deep Brain Reorienting.
Frank Corrigan, durante la sua carriera, ha iniziato ad interessarsi ai disturbi di autolesionismo e suicidio cronico. Dopo breve tempo si è reso conto della stretta correlazione fra i traumi precoci e disturbi dissociativi.
In particolar modo, mentre i pazienti affetti da disturbi psicotici e dell’umore avevano miglioramenti nel tempo e grazie ai farmaci, i pazienti che avevano una lunga storia di traumi alle spalle non ottenevano uguali benefici.
Anche con le nuove formulazioni farmacologiche, si ottenevano risultati piuttosto deludenti persino per quello che riguarda la semplice sintomatologia.
La terapia dialettico comportamentale (DBT) si dimostrava efficace per il disturbo borderline di personalità, poneva l’accento sulle emozioni del paziente, aiutando il Dottor Corrigan ad elaborare le sue teorie, ma mancava di una vera attenzione sui traumi, mentre altre terapie avevano un approccio troppo severo, riportando l’attenzione dei pazienti sul trauma e rischiando di attivare uno stato di dissociazione grave.
La Deep Brain Reorientering (DBR) è una modalità di psicoterapia che va ad analizzare direttamente l’evento traumatico a partire dal mesencefalo, permettendo, grazie alla suddivisione in sequenze, di individuare i momenti traumatici con estrema precisione.
Questa modalità può essere particolarmente indicata soprattutto per gli eventi di shock, che spesso sono momenti molto veloci e impattanti, ma possono sfuggire facilmente con altri metodi diagnostici. Questo metodo di individuazione dell’istante del trauma può quindi essere particolarmente valido e utile per tutti quei momenti traumatici improvvisi che riguardano le relazione di attaccamento, ma anche esperienze traumatiche forti.
In particolare può essere interessante prendere in considerazione questo tipo di trattamento quando i conflitti analizzati assieme al terapeuta non si stanno chiarendo o quando i ricordi traumatici del paziente, pur a distanza di anni, restano in grado di indurre sintomi.
Questo tipo di tecnica consente un processamento delle emozioni ad un livello molto più profondo delle metodologie tradizionali, si può dire raggiungendo la base della sofferenza dell’individuo.
Chiaramente, ogni metodo di terapia va studiato e pensato per ciascun paziente; il terapeuta esperto, infatti, valutando le problematiche in atto, stabilisce quali tecniche utilizzare, al fine di ottenere il miglior risultato di guarigione del soggetto.
Molti pazienti sono convinti che l’unico metodo per occuparsi della memoria traumatica sia l’estinzione della paura, ma la realtà è che spesso, la mera riesposizione ai ricordi degli eventi traumatici spesso porta ad un nuovo apprendimento da parte della corteccia prefrontale dell’amigdala, non avvicinandosi alle zone mesencefaliche, relative all’apprendimento affettivo e quindi quelle che più necessitano di trattamento profondo.
La Deep Brain Reorientering invece si focalizza proprio sui circuiti mesencefalici e permette un vero e proprio cambiamento della percezione di sé quando la seduta si rivela efficace.
Riassumendo quindi, le teorie più recenti relative al trattamento degli eventi traumatici profondi e ripetuti, prevedono l’utilizzo di diversi tipi di approcci oltre alla classica seduta psicoterapica, in modo da poter analizzare l’evento nella sua radice più fisica, rendendo il paziente più consapevole e contemporaneamente meno esposto alla rievocazione del trauma, preservandolo il più possibile da eventuali ricadute che potrebbero rivelarsi pericolose.
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