Disturbo Depressivo Maggiore: i sintomi psichici

La depressione è caratterizzata da una serie di sintomi, di cui l’abbassamento del tono umorale è una condizione costante. Nelle fasi più lievi o in quelle iniziali, lo stato depressivo può essere vissuto come incapacità di provare un’adeguata risonanza affettiva o come spiccata labilità emotiva.
Nelle fasi acute, il disturbo dell’umore è evidente e si manifesta con vissuti di profonda tristezza, dolore morale, disperazione, sgomento, associati alla perdita dello slancio vitale e all’incapacità di provare gioia e piacere.

I Pazienti avvertono un senso di noia continuo, non riescono a provare interesse per le normali attività, provano sentimenti di distacco e inadeguatezza nello svolgimento del lavoro abituale. Tutto appare irrisolvibile, insormontabile, quello che prima era semplice diventa difficile, tutto è grigio, non è possibile partecipare alla vita sociale, nulla riesce a stimolare il minimo interesse.

Il Paziente lamenta di non provare più affetto per i propri familiari, di sentirsi arido e vuoto, di non riuscire a piangere.

Il rallentamento psicomotorio è da considerarsi il sintomo più frequente e si manifesta sia con una riduzione dei movimenti spontanei sia con un irrigidimento della mimica che può configurare un aspetto inespressivo. Il linguaggio non è più fluido, scarsa la varietà dei temi e dei contenuti delle idee, le risposte sono brevi, talora monosillabiche. Il rallentamento si esprime anche sul piano ideativo e si manifesta con una penosa sensazione di lentezza e di vuoto mentale.

Il depresso è afflitto da un profondo senso di astenia, trova difficile intraprendere qualsiasi azione, anche la più semplice.

Col progredire della malattia, la stanchezza diventa continua e così accentuata da ostacolare lo svolgimento di ogni attività.

Il rallentamento delle funzioni psichiche superiori può essere così marcato da provocare disturbi dell’attenzione, della concentrazione e della memoria. Il rallentamento ideomotorio si traduce in incertezza e indecisione; in alcuni casi l’incapacità di prendere qualunque decisione, anche la più semplice, crea un notevole disagio, con blocco talora completo dell’azione.

La nozione del tempo è modificata e il suo scorrere continuo rallenta fino ad arrestarsi. Il depresso ha la sensazione che la giornata sia interminabile, che non sia possibile arrivare a sera, tutto è fermo, stagnante, senza possibilità di essere mutato.

L’agitazione psicomotoria, presente in alcuni quadri depressivi, si manifesta con irrequietudine, difficoltà a stare fermi, continua necessità di muoversi, di camminare, di contorcere le mani e le dita.

La compromissione delle prestazioni intellettuali, la consapevolezza della propria aridità affettiva e della propria inefficienza portano il depresso all’autosvalutazione, al disprezzo di sé, alla convinzione della propria inadeguatezza, talora accompagnati da un incessante ruminare sui propri sbagli e su colpe lontane. Il futuro è privo di speranza e il passato vuoto e inutile, valutato come pieno di errori commessi; il Paziente prova sentimenti di colpa e fa previsioni di rovina e miseria. Talora ritiene se stesso responsabile dei propri disturbi e dell’incapacità di guarire: convinto di poter star meglio facendo uno sforzo, si giudica indegno per la propria condotta, per la propria pigrizia, per il proprio egoismo.

L’ideazione suicida è presente nei 2/3 dei pazienti. Si sviluppa lentamente: nelle fasi iniziali del disturbo il depresso ritiene che la vita sia un fardello e non valga perciò la pena di essere vissuta. Successivamente inizia a desiderare di addormentarsi e non svegliarsi più, di morire accidentalmente o di rimanere ucciso in un incidente stradale.
Nei casi più gravi le condotte auto-lesive sono lucidamente programmate con piani minuziosi fino alla messa in atto del gesto. La convinzione che non esista possibilità di trovare aiuto e la perdita di speranza portano il depresso a concepire il suicidio come unica liberazione dalla sofferenza o come giusta espiazione delle proprie colpe.
In alcuni casi può essere messo in atto il cosiddetto suicidio allargato: il Paziente, prima di togliersi la vita, uccide le persone più care, in genere i figli, con lo scopo di preservarli dalle sofferenze della vita, dalla tragedia dell’esistenza. Il rischio di suicidio deve sempre essere preso in considerazione e dalla sua valutazione dipende la possibilità di effettuare una terapia farmacologia ambulatoriale o la necessità di optare per un ricovero.

In Italia sono circa 4.000 le persone che ogni anno si tolgono la vita e molte di più sono quelle che tentano il suicidio senza riuscirci.

 

 

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