Perchè il perdono è importante?

Gli eventi della vita negativi, se abbastanza significativi, ci possono far avere reazioni fisiche al ricordo dell’esperienza dolorosa.
I pensieri negativi con cui accompagniamo la descrizione di un evento doloroso, intensificano e supportano l’esperienza provata.

 

Immedesimarsi nell’altro e cambiare la propria prospettiva permettono di provare maggiore empatia, compassione e di superare con maggior successo il risentimento e la rabbia. Coltivare l’empatia significa imparare a collegare la propria emotività con quella della persona che ha commesso un errore, sebbene alcuni studi dimostrino che, qualora la persona responsabile venga ritenuta colpevole, molti meccanismi di empatia non riescano a funzionare, anche se la persona in questione sta soffrendo.

Empatia e comprensione possono essere apprese e viene considerato tanto più facile apprenderle, quanto prima si impara in giovane età a mettersi nei panni degli altri. Proprio come alleniamo i muscoli in vista di un evento sportivo, anche empatia e compassione andrebbero “apprese e allenate”.

 

Imparare a perdonare è utile in moltissimi casi, perchè aiuta chi ha subito un’ingiustizia a non permettere che questo comprometta la sua salute emotiva, aiuta a stabilire relazioni stabili escludendo il più possibile rabbia e risentimento, permette alle persone di una comunità di percepire con maggior forza il valore intrinseco delle altre persone. 

 

Moltissimi crimini avvengono a causa di un impeto di rabbia, cambiando il corso di molte vite. Le persone che subiscono gli effetti di questi crimini a loro volta, se incapaci di elaborarli nella maniera corretta, contribuiscono a creare situazioni di rabbia e risentimento all’interno delle relazioni che sviluppano, con una ricaduta a cascata su moltissime persone. 

In che modo il perdono può liberarci dalla rabbia?

 

Il perdono permette di lascia andare la rabbia e le emozioni negative ad essa connesse. Il Dalai Lama suggerisce, dopo aver subito un torto, di valutare gli eventi da un’altra prospettiva, cercando risultati positivi dai fatti avvenuti, rimanendo aperti alle opportunità che questi eventi possono creare (Lama 1997)

 

L’approccio buddista ci è molto utile, in quanto suggerisce come sviluppare la virtù del perdono sia strettamente correlato ad una acquisizione di maggior pazienza e tolleranza, a loro volta facenti parte di una sfera più ampia che comprende saggezza, generosità, onestà e sincerità. 

La tradizione buddista riconosce diversi aspetti alla pazienza, tutti relazionati tra di loro. Questi concetti sono:

 

  •   resilienza
  •   perdono
  •   coraggio
  •   tolleranza
  •   resistenza

 

La tradizione buddista distingue anche tra diversi tipi di pazienza a seconda del contesto: la capacità di creare ritorsioni, la pazienza di accettare le difficoltà e la pazienza di accettare la realtà.

Inoltre,  riflettere sull’impermanenza può darci un senso di prospettiva differente e permetterci di vedere il potenziale umano e dare quindi maggior valore della nostra esistenza.

Provare dolore dopo aver subito un torto è normale, ma rivivere il dolore e la sofferenza è facoltativo. Il risentimento viene considerato “un impegno a rimanere arrabbiato” e a coltivare, di fatto, la rabbia. (Lama, 1997).

 

La relazione tra perdono e guarigione

 

Gli studi dimostrano che praticare il perdono può alleviare i sentimenti di rabbia, mentre evitamento, vendetta e risentimento possono portare conseguenze negative sulla salute emotiva, fisica e sulle relazioni.(Brown, 2003 ; McCullough et al., 1998).

 

La sostituzione deliberata di sentimenti negativi con emozioni positive può diventare una forma di trasformazione personale che può portare alla guarigione emotiva.

 

Uno studio ha scoperto che lasciarsi andare e adottare un atteggiamento misericordioso nei confronti dell’autore del reato abbia contribuito a ridurre i problemi cardiovascolari e del sistema immunitario (Witvliet, et al., 2001).

 

Altri studi hanno scoperto che il perdono è positivamente associato a cinque misure di salute:

 

  •     sintomi fisici
  •     farmaci usati
  •     qualità del sonno
  •     stanchezza 
  •     lamentele somatiche 

 

(McCullough, Sandage e Worthington, 1997; McCullough & Worthington, 1994; Thoresen, Harris e Luskin, 1990).

 

Secondo la Mayo Clinic, il rilascio deliberato di emozioni negative, in particolare quelle forti e legate al perdono, porta con sé molti benefici per la salute, tra cui relazioni migliorate, diminuzione dell’ansia e dello stress, abbassamento della pressione sanguigna, un rischio ridotto di depressione e una migliore salute immunitaria e cardiaca.

 

Lasciar andare le emozioni negative può  quindi spesso avere un impatto notevole sul corpo.

Auto-perdono e il valore di perdonare se stessi

Essere gentili con se stessi e perdonare i propri difetti può darci una prospettiva necessaria sulla sofferenza e sulle imperfezioni degli altri. Consente di connettersi a livello umano e profondo con gli altri e permette di valutare le motivazioni che spingono i comportamenti delle altre persone. Gli studi dimostrano infatti che spesso tendiamo ad inventare le intenzioni altrui, avendo solo informazioni parziali sul loro comportamento.

L’auto-perdono è stato definito come “la volontà di abbandonare il risentimento di sé di fronte al proprio obiettivo riconosciuto sbagliato, promuovendo al contempo compassione, generosità e amore verso se stessi” (Woodyatt, et al., 2017).

 

Sebbene l’impatto del perdono in diversi contesti sia vario da studio a studio, il perdono è stato studiato in gruppi di popolazioni, tra cui:

 

  •     pazienti oncologici (Toussaint, Barry, Bornfriend e Markman, 2014),
  •     persone che vivono con l’HIV / AIDS (Mudgal, & Tiwari, 2015),
  •     membri del servizio militare (Bryan, Theriault e Bryan, 2015),
  •     pazienti con disturbo ipersessuale (Hook et al., 2015) e
  •     sopravvissuti a traumi complessi (Worthington e Langberg, 2012).

 

Secondo Enright, il perdono di sé implica una eliminazione di emozioni o atteggiamenti negativi diretti a se stessi, ma anche la promozione di emozioni positive come amore verso sé stessi, generosità e compassione.

 

L’auto-perdono come disciplina applicata si riferisce a diversi contesti psicosociali come:

  •     dipendenza e recupero,
  •     coppie e famiglie,
  •     invecchiamento sano,
  •     il posto di lavoro e
  •     il militare.

Sebbene l’autocritica produttiva sia cruciale per il miglioramento personale dopo un fallimento morale o di altro tipo, è importante comprendere le emozioni della vergogna, dell’umiliazione e della colpa frequentemente associate.

 

 

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Perché perdonare gli altri è la cosa migliore che puoi fare per te stesso

Loren Toussaint, professore associato di psicologia al Luther College nello Iowa, ha scoperto che in quelle persone che  perdonavano se stesse e gli altri, si eliminava virtualmente la connessione tra stress e malattia mentale. Come se il perdono fosse una sorta di “ammortizzatore” contro lo stress, anche con azioni apparentemente insignificanti, come una breve preghiera o meditazione sul perdono.(Toussaint ad al., 2016).

 

L’incapacità di perdonare è legata alla rabbia e all’ostilità, e queste emozioni negative hanno dimostrato di avere un cattivo effetto sulla salute, soprattutto per quanto riguarda le condizioni cardiovascolari.

 

Sebbene soffermarsi sull’ingiustizia, trattenere i rancori ed esigere vendetta siano opzioni allettanti,gli studi mostrano che perdonare coloro che ci hanno offeso può ridurre il disagio in maniera sistematica e aumentare la soddisfazione della vita; addirittura con uno stretto collegamento tra perdono, emozioni positive e minore frequenza di sintomi di malattia.

Uno studio ha evidenziato come i partecipanti, il giorno dopo aver esercitato la capacità di perdono, hanno registrato un livello di felicità nettamente più alto.(Witvliet, 2001; Worthington, 2004).

Le emozioni positive, a loro volta, sono state collegate al benessere come nella teoria ampliata e costruita di Barbara Frederickson che suggerisce che l’aumento delle emozioni positive migliora le capacità cognitive e le capacità relazionali e che gli effetti sulla salute a lungo termine sono stati misurati attraverso studi di longevità (2004) .

 

Gratitudine e perdono

 

In uno studio condotto da Emmons e McCullough, praticare gratitudine viene collegato a un maggiore benessere. I parametri presi in considerazione sono stati l’umore, i sintomi fisici e valutazioni generali sulla soddisfazione della vita(Emmons & McCullough, 2003).

 

L’effetto positivo ha avuto i risultati più significativi quando la gratitudine è stata praticata con maggiore frequenza. È stato scoperto che la gratitudine migliora la soddisfazione generale nella vita e aumenta i sentimenti di ottimismo per il futuro, almeno a breve termine.

 

La gratitudine ha contribuito a ridurre i disturbi di salute fisica se praticata una volta alla settimana. Quando la pratica della gratitudine è stata intensificata con esercizi quotidiani, c’è stato un aumento dell’effetto positivo e del comportamento pro-sociale oltre ad un sonno migliore e migliori relazioni in un intervallo di circa tre settimane.

 

Poiché la gratitudine è stata collegata all’empatia e si è scoperto che l’empatia ha implicazioni relative al perdono, esiste la possibilità che incoraggiare la gratitudine potrebbe migliorare la propria capacità di perdono.

 

Infine, l’affermazione di Richard Moore sull’importanza della gratitudine nella coltivazione del perdono è incentrata sul fatto che la gratitudine sia un approccio migliore alla vita in generale. Credeva che concentrarsi su ciò che si ha, rispetto a ciò che manca può fare la differenza, sia nell’apprezzamento di ciò che è sia come una forma di meccanismo per far fronte a ciò che è accaduto (Moore, 2015).

 

Conclusioni

Moltissimi studi evidenziano quindi gli effetti positivi a cascata che ha il perdono, sia verso sè stessi, che nei confronti di chi ha offeso o fatto un torto. Vale quindi la pena fare uno sforzo di volgere la situazione in positivo, valutare le nuove opportunità che presentano i fatti e soprattutto sforzarsi di provare empatia e mettersi nei panni dell’altro, per capire cosa lo abbia motivato a compiere le azioni che ci hanno ferito, al fine di comprenderle, farle proprie e lasciarle andare.

 

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