La psicosintesi personale

Assagioli afferma che l’uomo vive nell’illusione di possedere una personalità ben definita.

Completamente assorbiti dalle attività e mete esterne, trascuriamo di conoscere chi e che cosa siamo veramente. È nel momento in cui avvertiamo un forte disagio che siamo costretti a riconoscere l’esistenza, all’interno di noi, di tendenze spesso contrastanti le quali esigono di essere soddisfatte. Ma di fronte al caos che intravediamo in noi, la nostra reazione è di spavento e le soluzioni che adottiamo non sono che provvisorie. Viviamo così in uno stato di perenne instabilità ed insicurezzain realtà non rispondente alla nostra dignità di essere umani”[1].

Il primo passo per uscire da tale situazione è riconoscere la molteplicità di elementi ed i conflitti che ci caratterizzano.
H. Keyserling ci dice che “Ogni tendenza fondamentale è in realtà una entità autonoma (…). Veramente si può dire che in ognuno di noi ci sono sviluppati ed attivi, in varia misura, tutti gli istinti e tutte le passioni, tutti i vizi e tutte le virtù, tutte le tendenze e tutte le aspirazioni, tutte le facoltà e tutte le doti dell’umanità”[2]. Questo perché vi è anzitutto una eredità remota: siamo infatti il risultato, dice Assagioli, di una lunga e lenta evoluzione. Gli elementi di questa eredità affiorano nei sogni, nelle fantasie, e sono stati chiamati da Jung “inconscio collettivo”. A caratterizzarci, vi sono poi gli elementi che l’individuo eredita dalla famiglia ed altri che derivano dall’influenza dell’ambiente in cui si vive[3]. A questi vanno aggiunti gli influssi prenatali e dell’infanzia, gli influssi collettivi e, non meno importanti, la mentalità di una generazione e lo spirito di un’epoca. Accanto a questi vi è poi una parte più individuale, diversa dalle altre, che sentiamo più nostra ”La sua origine è misteriosa, ma essa ci sembra la diretta espressione del nostro io più vero e profondo”[4].
Tutti questi elementi sono in continua interazione e tendono a formare in noi, seguendo l’azione coordinatrice delle principali funzioni, più personalità, definite sub-personalità, talvolta contraddittorie, capaci di vita propria.

Maturiamo così un “io” diverso per ogni circostanza: filiale, materno (o paterno), sociale, professionale, ecc.

In questo il pensiero Assagioliano è vicino al pensiero Pirandelliano. Ma mentre Pirandello avverte l’aspetto negativo e doloroso dell’umana molteplicità, Assagioli vi rileva la ricchezza e crede nella possibilità di armonizzare i diversi aspetti, pur causa di dolorosi conflitti, in una unità superiore[5].

Esistono in noi formazioni psichiche in parte consce ed in parte inconsce, e tra esse avvengono continui scambi. Assagioli paragona tali formazioni alla pianta del loto, della quale si vede il fiore e non la radice. Analogamente noi siamo coscienti dei nostri atteggiamenti, delle nostre scelte, ma ignoriamo le vere motivazioni. Riconoscere l’esistenza dell’inconscio e volerlo conoscere, significa scegliere di essere consapevoli del nostro pensiero e delle nostre azioni, scegliere di non voler “essere spinti quali marionette mosse da fili invisibili”[6].

Secondo Assagioli nella psiche umana vi è una tendenza naturale all’armonizzazione, all’unione, alla sintesi, che altro non è che l’espressione di un principio universale. In natura, infatti, tutto si combina e segue il principio dell’equilibrio dinamico tra sistemi antagonisti. Nell’esempio che trae dalla materia inorganica, Assagioli sottolinea la differenza tra il miscuglio, semplice somma delle proprietà dei singoli elementi, e la combinazione la quale, in un processo che avviene con notevole produzione di energia, dà un prodotto avente proprietà diverse da quelle dei suoi  componenti.  Aggiunge che come talvolta è necessaria una scintilla perché una combinazione avvenga, così “ci sono elementi in noi che esistono per anni, inerti l’uno accanto all’altro, ma basta una scintilla per farli combinare”[7].

La vera sintesi non significa annullamento di uno degli opposti a favore dell’altro, né un loro compromesso, significa bensì mantenerli entrambi in una “tensione creativa”, integrati in una realtà ad essi superiore che li trascende[8].

La psicosintesi completa è un ideale a cui tendere, e in essa tutti gli elementi della psiche vengono coordinati, ma possono esserci anche psicosintesi parziali il cui principio unificatore è di vario genere.

Tutti i ruoli unificatori che possiamo considerare (tendenza della personalità, funzione, attività sociale o professionale, modello ideale) non sono atti a produrre una psicosintesi completa, la quale per essere attuata deve coincidere con il nostro Io o Sé, ossia con la realtà più profonda del nostro essere: “mentre l’Io fenomenico cosciente si identifica via via con i vari contenuti della coscienza (stati d’animo), vi è qualcosa in noi che non si identifica, che non cambia col cambiare degli stati d’animo, che resta sempre uguale, fisso, inattaccabile. Questo è il nostro vero Io”[9].

La chiave per comprendere i fatti della vita e per realizzare la vera psicosintesi consiste nel riconoscere l’esistenza e la vera natura di questo Io superiore[10].

 

 


 

Bibliografia

[1] R. Assagioli, Psicosintesi, Roma, Astrolabio Ubaldini 1993, p. 10.

[2] Ivi p. 11.

[3] “Noi, psichicamente, non siamo ‘sistemi chiusi’. (…) Siamo proprio immersi in un’atmosfera psichica, nella psiche collettiva e nelle sue varie differenziazioni” Ivi, p. 12.

[4] Ivi, p. 13.

[5] “I grandi uomini sono stati spesso i più complessi, quelli che hanno presentato maggiori contrasti, (…) basterà accennare a San Paolo, al Petrarca, a Michelangelo, a Tolstoj, allo stesso Goethe. Invece uomini naturalmente equilibrati lo sono spesso per povertà interiore” Ivi, p. 15.

[6] Ivi, p. 20.

[7] Ivi, p. 29.

[8] “I due elementi vengono assorbiti in un’unità superiore dotata di qualità che trascendono quelle di ciascuno”, R. Assagioli, L’ atto di volontà, cit., p.79.

[9] R. Assagioli, Psicosintesi, cit., p. 76.

[10] “La concezione spirituale dell’Io e dell’anima è stata generalmente ammessa dalla filosofia cristiana e dalla tradizione religiosa. Già sant’Agostino affermava l’assoluta e trascendente unità dell’Io. “ Ivi, p.80.

 

 

 

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